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1864 - 1947 Imposta sui terreni (o fondiaria)

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Era un'imposta diretta, speciale e reale ed era considerata come un peso connaturato al fondo. Il soggetto passivo d'imposta era, in via di principio, il proprietario del fondo, e, se questo apparteneva a più persone pro indiviso, l'obbligazione gravava solidalmente su tutti. L'oggetto dell'imposta era costituito dai terreni di coltivazione, tanto se producevano effettivamente un reddito, quanto se fossero stati suscettibili di produrlo. L'imposta sui terreni non era commisurata indistintamente a tutto il reddito che essi producevano, ma soltanto alla parte costituente il cosiddetto reddito dominicale.

Fino al 1865, sial'imposta fondiaria sui terreni che quella sui fabbricati furono ricomprese nell'imposta prediale.

L'imposta fondiaria è sicuramente la più antica tra le imposte dirette. Dal momento che la fonte massima di ricchezza era costituita dalla terra, era giocoforza che diventasse la fonte primaria d'imposizione, anche perché, prescindendo dalle difficoltà di una razionale valutazione del reddito, offriva una base stabile e sicura alla realizzazione del tributo.

L'applicazione di una simile imposta, inoltre, fu favorita dal concetto allora dominante che lo Stato (o il Sovrano) avesse un diritto originario su tutto il suolo soggetto al suo potere (dominum eminens), quindi appariva una logica conseguenza di questo diritto la sua facoltà di partecipare in una certa misura ai frutti della terra.

La distribuzione dell'imposta fondiaria fu determinata in ogni parte d'Italia sulla base dei catasti. Negli Stati preunitari esistevano catasti molto differenti per tempo, per valore e per metodo.Prima dell'unificazione, sull'intero territorio erano operanti 22 catasti, di cui nel solo Stato sardo ce n'erano ben cinque diversi[1].

Tra tutti quello più noto era il catasto del Lombardo-Veneto detto anche di Maria Teresa.

Dopo l'unificazione dell'Italia, con Decreto 11 agosto 1861, il Ministro delle Finanze Bastogi istituì un'apposita commissione per studiare varie soluzioni per giungere ad una perequazione delle basi dell'imposta fondiaria nelle varie province del Regno al fine di conseguire un'equa ripartizione. I lavori della commissione portarono alla legge sul conguaglio provvisorio, la n. 1831 del 14 luglio 1864, che si basava essenzialmente sul valore venale degli edifici e dei terreni.

Con la stessa legge furono aboliti, per ragioni di equità, molte esenzioni e privilegi esistenti nelle leggi degli ex Stati italiani. La nuova legge esonerò soltanto i fabbricati destinati all'esercizio del culto, i cimiteri e i beni demaniali.

La legge sul conguaglio provvisorio doveva aver vigore soltanto per gli anni dal 1864 al 1867, ma continuò ad essere applicata, con modificazioni ed adattamenti, anche negli anni successivi. Il territorio nazionale fu diviso in nove compartimenti catastali, con la peculiarità che l'imposta doveva essere riscossa col sistema del contingente, fissato per tutto il Regno, in 10 milioni di lire, ripartito fra i vari compartimenti.

Sul reddito imponibile dei fabbricati si applicava un'aliquota del 12,50 per cento; ad essa furono aggiunti due decimi con la legge 28 maggio 1867.

Le competenze relative alla conservazione del catasto furono trasferite (decreto 29 agosto 1866) alle Agenzie delle tasse e imposte dirette, già presenti nel Regno di Sardegna con la funzione di accertamento delle imposte dirette dovute allo Stato.

Numerosi disegni di legge furono presentati al Parlamento per l'assetto definitivo dell'imposta fondiaria, finché, con la legge n. 3682 del 1° marzo 1886, fu disposta la formazione di un nuovo catasto geometrico particellare uniforme, fondato sulla misura e sulla stima. Lo scopo principale del nuovo catasto fu quello di accertare le proprietà immobiliari ed evidenziarne le mutazioni nonché di perequare l'imposta fondiaria. Le relative operazioni catastali si svolsero molto lentamente, con tempi molto superiori al previsto, tanto che nel 1922 erano ultimate soltanto in 23 province. Erano quindi necessarie nuove norme per adeguare i rilievi catastali e le stime alle condizioni dell'epoca. Pertanto, i R.D.L. 16 dicembre 1922, n. 1717, e 7 gennaio 1923, n. 17, dettarono nuove norme modificatrici di quelle originarie.

Successivi decreti legge modificarono i coefficienti catastali, tra cui il D.L. 12 maggio 1947, n.356, che rivalutò gli estimi dei terreni.

[1] Le province del vecchio Piemonte (catasto del 1729), l'ex Ducato d'Aosta (1767), Novara, Pallanza, Vigevano, Tortona, Voghera. Alessandria e la Lomellina (1775), la Liguria (1798) e la Sardegna (1855).